Descrizione
“E in un tempo di
sgomenti: ancora si dice il lupo avere potenza, col suo sguardo, di fare alli
omini le voci rauche...”. Leonardo da Vinci
Nell’assenza di “tempi dedicati” in cui fare muovere e
transitare significati diversi da quelli dell’effimero e dell’edonistico
esaltarsi nell’intrattenimento, pian piano è emersa la necessità di creare
legami sociali di tipo nuovo, nuove modalità di stare insieme e di ripensare la
socialità e soprattutto i luoghi che possano accoglierla…. È questo il contesto
che ha aperto la strada a “Lupus in Fabula”, l’occasione per raccontare vicende esemplari in luoghi
esemplari: l’attore che racconta una vicenda entro uno spazio particolare,
teatro o piazza non importa… ed ecco sorgere la fabula. Nell’antichità il termine designava qualsiasi
rappresentazione teatrale tragica o comica e il teatro era l’espressione del
momento collettivo… Teatro e fabula
hanno sempre convissuto, fin dal sorgere del teatro stesso, “la narrazione, il
gioco, il rito”, ripeteva Grotowski.
Nell’epoca digitale, raccontare le favole – a bambini o
adulti che siano, sembra essere una pratica sempre più rara e addirittura ci si
interroga, se questo narrare storie prese dal passato, possa nuocere alla
visione della realtà, suggerendo uno scontro tra concretezza e visione. Si delega a nuovi strumenti, (appunto
digitali…) fare da tramite tra la realtà e la fantasia. In questo modo però, si perde quel momento
intimo che si viene a creare tra l’uditore e l’attore che racconta, si annulla
un momento molto importante, magico: “l’anima desidera risposte immaginative
che la muovano, la delizino, la sprofondino”
(Hillman ) e “la mente è fondata sulla sua stessa attività narrativa,
nel suo fare fantasia. Questo fare è poiesis
che significa propriamente “il fare dal nulla”.
Pensare a Esopo non come un individuo storico, ma come il
simbolo di un’antica sapienza popolare che perdurò nei secoli e viva ancora
oggi, consente di fare della fabula
una scrittura teatrale. Le favole esopiche di diversa mano, epoca, redazione
sono come un corpus omogeneo che riflette un giudizio comune
verso un dato comportamento di animali, dèi, esseri umani, tanto da crearne personaggi. Esopo forse non inventò tutte le favole.
Nondimeno, ciascuna di esse può essere qualificata a buon diritto come
“esopica”.
La favola è un breve racconto caratteristico tanto della
cultura occidentale quanto di quella orientale; in essa agiscono per lo più
personaggi animali, dietro i quali è agevole individuare altrettante tipologie
di comportamento umano. Attraverso la piacevolezza della narrazione l’apologo
persegue una finalità gnomica, suggerendo una condotta di vita all’insegna
della prudenza, della laboriosità, della coscienza dei propri limiti. Nella
tradizione occidentale la favola si lega indissolubilmente al nome di Esopo,
enigmatico personaggio vissuto tra il VII ed il VI sec. a.C. al quale viene
attribuita la codificazione del genere, nonché la sua autonoma affermazione nel
panorama letterario. Il nutrito corpus di
racconti ascritti a questa figura leggendaria viene successivamente rielaborato
ed ampliato da autori più tardi (Fedro, I sec.d. C; Babrio, II sec. d.C.;
Aviano, IV sec. d.C).
La tradizione iconografica connessa al nome di Esopo
procede, tanto nel mondo antico quanto in quello moderno, lungo due filoni
paralleli: da una parte ci si confronta con reperti incentrati sul personaggio
del favolista e sugli aneddoti della sua vita, tutti all’insegna di
un’irriverente saggezza; dall’altra con testimonianze relative alle favole.
Queste ultime conoscono una maggiore fortuna nell’ambito dell’età medievale,
che ne apprezza il carattere fantasioso, allegorico ed edificante; sono oggetto
di rinnovato interesse, infine, nel mondo rinascimentale, allorché, accanto
alla drastica selezione di racconti sopravvissuti durante l’età di mezzo, si fa
progressivamente strada il recupero dell’originario repertorio in lingua greca.
da
Esopo e Fedro
produzione
TTR - il Teatro di Tato Russo
drammaturgia
Tato Russo
con
Antimo Casertano e Luisa Stagni
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