LUPUS IN FABULA 24/07/2021


Descrizione

“E in un tempo di sgomenti: ancora si dice il lupo avere potenza, col suo sguardo, di fare alli omini le voci rauche...”. Leonardo da Vinci   Nell’assenza di “tempi dedicati” in cui fare muovere e transitare significati diversi da quelli dell’effimero e dell’edonistico esaltarsi nell’intrattenimento, pian piano è emersa la necessità di creare legami sociali di tipo nuovo, nuove modalità di stare insieme e di ripensare la socialità e soprattutto i luoghi che possano accoglierla…. È questo il contesto che ha aperto la strada a “Lupus in Fabula”, l’occasione per  raccontare vicende esemplari in luoghi esemplari: l’attore che racconta una vicenda entro uno spazio particolare, teatro o piazza non importa… ed ecco sorgere la fabula. Nell’antichità il termine designava qualsiasi rappresentazione teatrale tragica o comica e il teatro era l’espressione del momento collettivo… Teatro e fabula hanno sempre convissuto, fin dal sorgere del teatro stesso, “la narrazione, il gioco, il rito”,  ripeteva Grotowski.   Nell’epoca digitale, raccontare le favole – a bambini o adulti che siano, sembra essere una pratica sempre più rara e addirittura ci si interroga, se questo narrare storie prese dal passato, possa nuocere alla visione della realtà, suggerendo uno scontro tra concretezza e visione.  Si delega a nuovi strumenti, (appunto digitali…) fare da tramite tra la realtà e la fantasia.  In questo modo però, si perde quel momento intimo che si viene a creare tra l’uditore e l’attore che racconta, si annulla un momento molto importante, magico: “l’anima desidera risposte immaginative che la muovano, la delizino, la sprofondino”  (Hillman ) e “la mente è fondata sulla sua stessa attività narrativa, nel suo fare fantasia. Questo fare è poiesis che significa propriamente “il fare dal nulla”.   Pensare a Esopo non come un individuo storico, ma come il simbolo di un’antica sapienza popolare che perdurò nei secoli e viva ancora oggi, consente di fare della fabula una scrittura teatrale. Le favole esopiche di diversa mano, epoca, redazione sono come un corpus  omogeneo che riflette un giudizio comune verso un dato comportamento di animali, dèi, esseri umani, tanto da crearne personaggi.  Esopo forse non inventò tutte le favole. Nondimeno, ciascuna di esse può essere qualificata a buon diritto come “esopica”. La favola è un breve racconto caratteristico tanto della cultura occidentale quanto di quella orientale; in essa agiscono per lo più personaggi animali, dietro i quali è agevole individuare altrettante tipologie di comportamento umano. Attraverso la piacevolezza della narrazione l’apologo persegue una finalità gnomica, suggerendo una condotta di vita all’insegna della prudenza, della laboriosità, della coscienza dei propri limiti. Nella tradizione occidentale la favola si lega indissolubilmente al nome di Esopo, enigmatico personaggio vissuto tra il VII ed il VI sec. a.C. al quale viene attribuita la codificazione del genere, nonché la sua autonoma affermazione nel panorama letterario. Il nutrito corpus di racconti ascritti a questa figura leggendaria viene successivamente rielaborato ed ampliato da autori più tardi (Fedro, I sec.d. C; Babrio, II sec. d.C.; Aviano, IV sec. d.C). La tradizione iconografica connessa al nome di Esopo procede, tanto nel mondo antico quanto in quello moderno, lungo due filoni paralleli: da una parte ci si confronta con reperti incentrati sul personaggio del favolista e sugli aneddoti della sua vita, tutti all’insegna di un’irriverente saggezza; dall’altra con testimonianze relative alle favole. Queste ultime conoscono una maggiore fortuna nell’ambito dell’età medievale, che ne apprezza il carattere fantasioso, allegorico ed edificante; sono oggetto di rinnovato interesse, infine, nel mondo rinascimentale, allorché, accanto alla drastica selezione di racconti sopravvissuti durante l’età di mezzo, si fa progressivamente strada il recupero dell’originario repertorio in lingua greca.    
da Esopo e Fedro
produzione TTR - il Teatro di Tato Russo
drammaturgia Tato Russo
con Antimo Casertano e Luisa Stagni





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