Orfeo piange la sua Euridice appena morta e il suo dolore è incolmabile, non vede soluzione alcuna
a tale sventura fin quando non irrompe Amore che gli dona una speranza. Orfeo può avere la sua
Euridice, ma deve intraprendere un viaggio nel regno delle ombre, placare le furie col suo canto e
riportarla con sé nel regno dei vivi a patto che durante il viaggio non guardi mai la sua amata.
Questa è la prova più grande. Durante il cammino Euridice è scossa da tanta indifferenza perché
ignora la prova a cui Orfeo, per lei, si è sottomesso.
I “lamenti” dell’amata inducono Orfeo a cedere, l’amore vince la legge, la passione irrazionale cede
il passo alla ragione, Apollo si inchina di fronte Dioniso e Orfeo perde Euridice. L’ennesimo dolore
istiga Orfeo a uccidersi a sua volta, ma giunto Amore a fermare l’atto efferato ricompensa Orfeo
riportando in vita Euridice. L’amore trionfa al di là della morte.
Il dovere etico della conoscenza di condurre l’ignoranza verso la sapienza viene meno quando le
passioni umane prendono il sopravvento. Orfeo porta avanti la sua impresa, ma all’ennesima
richiesta di Euridice cede. È nel cedere che Orfeo si riempie di passione profondamente umana che
lo conduce a perdere quella ragione che lo rendeva un semi-dio. La messa in spazio ha come nodo
centrale il dualismo tra ragione e irrazionalità, tra apollineo e dionisiaco, in un ideale percorso di
luci ed ombre dove muovono i passi i due protagonisti per giungere all’amore in cui questo
dualismo trova piena misura.